mercoledì 8 luglio 2009

...with bananas added!!

di nuovo su queste pagine dopo l'intensa pausa bolognese ed alcuni giorni per riprendersi dal trauma del rientro.
devo dire che andare a bologna in missione lavorativa, come rappresentante dell'ANIM al cin.ritr.2009, è stato molto piacevole, meglio che esserci stato per le ferie, e spero che nei prossimi anni la cosa si possa ripetere.
ho trovato l'edizione del festival di quest'anno particolarmente triste, molto peggio di edizioni passate (mancando da 3 anni da questa manifestazione non ne ho potuto accompagnare il graduale declino, e me lo son subito tutto d'un colpo), un programma di basso livello, l'ennesima riproposizione di un chaplin "ritrovato" per coronare uno sfruttamento oramai più che decennale di questo personaggio da parte della cin.bo, operazione oramai lógora e stantía (ora manca solo proporre chaplin al cesso, ma è meglio non dirlo se no l'anno prossimo lo fanno), pochi archivi a presentare i propri lavori (più una scelta dell'organizzazione che una reale mancanza di proposte), principalmente (quasi solamente) una vetrina promozionale per i lavori del laboratorio della cin.bo (baffetto orgoglioso dei 37 lavori presentati nell'arco di brevissimo tempo, il che vuol dire che si punta sulla quantità a scapito della qualità) quel laboratorio che ha impunemente usurpato nome e locali di quello dove ho lavorato per tanti anni, ma, per il fatto che vi ci lavorano alcune persone che mi stanno particolarmente a cuore, eviterò di trattare con parole cariche di astio e livore (o almeno cercherò di limitare).
il vero problema rimane la qualità dei restauri, parola abusata e priva di significato (tanto da costringermi costantemente a chiedermi, nonostante sia la mia professione, quale sia il vero senso di questa attività). restaurare, a mio giudizio, significherebbe fare tutta quella serie di operazioni per permettere una nuova fruizione ad un oggetto con un reale problema di esistenza, del quale altrimenti non sarebbe garantita la possibilità di tramandarlo ai posteri. quello che invece si cerca è l'operazione mediatica ad effetto, il grande nome al quale associare il proprio. per esempio, che senso ha "restaurare" (troviamo un'altra parola, cazzo!) un qualsiasi film di sergio leone, del quale esistono almeno 1000 copie, editato in tutti i formati possibili che la storia della tecnica ha permesso, visto e rivisto da tutti (poichè passa e ripassa in tv almeno 3 volte all'anno), senza alcun rischio di cancellazione dalla memoria collettiva, se non una mera operazione commerciale? chiamiamo le cose per quello che sono, please!
questa gara alla ricerca di scalpore viene esacerbata da un sempre più assiduo utilizzo del digitale, qualsiasi esso sia, che oramai è la vera ansia esistenziale di qualsiasi archivio. si sparano K di risoluzione sempre più elevati, ma quello che si è visto sono delle indicibili schifezze, robe di cui vergognarsi. e non sto parlando del laboratorio dei bambocchi *(del quale ho accuratamente evitato di vedere, riuscendovi, i lavori presentati, preferendovi la ben più ludica attività dello sbevacchiare, tranne che per alcune immagini che non ho potuto evitare mentre attraversavo la piazza) ma di veri e propri mostri sacri americani tipo george eastman house o sony columbia: i loro "restauri" di red shoes, pandora and the flying dutchman (ma anche the black cat) sono della stessa tipologia e presentano gli stessi problemi. entrambi scansioni 4k (dico 4k!) di matrici originali technicolor hanno una definizione peggiore di un 16mm (sovrapposizione imperfetta delle matrici) e migliaia di digital artefacts visibili, grana sfrigolante, ma il vero orrore è il colore: assolutamente instabile dall'inizio alla fine, facce che passano dal rosa al verde ecc, senza soluzione di continuità. il ricordo che ho io delle copie technicolor è quello di colori stabili e perfetti, nulla a che vedere con ciò che si è visto a bo. evidentemente quella non era la strada da percorrere, se si fosse scansionata una copia (e non le matrici, nate per altro scopo ed inadatte ad essere scansionate) il risultato sarebbe sicuramente migliore. ma è qui che si vedono i limiti delle nuove tecnologie. il fatto di elaborare in automatico, trattare tutto nella stessa maniera dall'inizio alla fine crea prodotti che mancano di calore.
qualcosa di decente, anche nel digitale, comunque si è vista, il pierrot le fou presentato dalla cin.fr. (fatto, mi sembra, presso scanlab) è stato qualcosa di veramente commuovente, ben fatto, accompagnato da una scheda tecnica fatta in maniera competente su cui vi era chiaramente descritto ciò che è stato fatto e come, e non paroloni altisonanti messi lì solo per impressionare, come nel caso di schede che accompagnavano altri film.
*i limiti dei bambocchi sono altri, e esulano dal fatto che siano analogici o digitali. nonostante non abbia visto i loro films mi son bastate quelle 2 immagini che ho visto in piazza e le conferme (e le domande rivoltemi) di chi invece vi ha assistito, ed i problema è sempre quello (storico oramai): la presenza di fastidiosissime banane sulle teste degli attori, aloni che prolungano le sagome delle figure e si muovono con esse, cosa che sarebbe facilmente risolvibile o attenuabile con alcuni piccoli accorgimenti, ma a quanto pare la capacità di analisi e di controllo qualità di chi ha l'ardire di organizzare scuole di "restauro" per addetti al settore è limitata. il problema sorgerà tra qualche anno (si tratterà di un cambiamento di percezione della storia), quando, vista la capacità produttiva di codesto laboratorio, il mercato sarà saturo delle loro copie "restaurate" e non vi sarà traccia degli originali, e chi non avrà avuto la possibilità di vedere come erano i materiali che circolavano precedentemente al "restauro" penserà che in una determinata epoca le persone andassero in giro con le loro belle banane in testa (si chiederanno se forse gli antichi erano in grado di fotografare l'aura)

Nessun commento: