sabato 2 agosto 2008

jazz na gulbenkian

in questo fresco inizio di agosto, alla gulbenkian c'è la non so che numero edizione di jazz all'aperto con invitato speciale il giappone.
ho fatto l'equazione: gulbenkian è una gran figata di posto che non sbaglia un colpo in quello che fà ed il parco della fondazione, con questo anfiteatro esagonale in cemento anni 70 immerso nella fitta vegetazione, è a mio giudizio bellissimo (vorrei tanto abitare lì in zona per potermi fare una passeggiatina nel parco ogni sera) + sono un fan sfegatato del giappone e di tutto ciò che lì vien fatto, quindi vado a vedere il concerto inaugurale otomo yoshihide new jazz orchestra e così ho fatto.



13 persone sul palco, l'otomo alla chitarra elettrica alternava suoni tenuti lunghissimi a degli scleri da chitarrista noise. nella sezione fiati (4 elementi che coi loro strumenti producevano pernacchiette e scoreggine d'ogni tipo) andava molto di moda la respirazione continua (tipo digeridoo). al sax tenore era applicata una pompa da bicicletta. il sax baritono di
mats gustafsson, dal suono sporco e sgraziato, era lo strumento + presente, il pianista cor fuhler alternava suoni prodotti mediante tastiera a interventi diretti sulle corde, con bacchette di vario tipo e cilindri metallici che usava, dopo aver percosso le corde, anche per tamponare il suono. strumenti sconosciuti come lo sho (strumento giapponese dalla sagoma simil empire state building che produce un suono tipo armonica a bocca) suonato da ko ishikawa, o altri strumenti che lo stesso otomo non sapeva come chiamare in inglese (quella cosa che va su e giù). gli strani suoni del sinewaves di sachiko m, lunghi silenzi e occasionali interventi di suoni elettronici con frequenze superiori ai 10000 hertz condivano la complessa cacofonia.
in tutto 4 brani, della durata di 35 minuti ciascuno



accompagnamento vocale di kahimi karie, nome che ai più non dice nulla, ma che è un mio personale mito vocale, cantante di fama internazionale abbastanza sconosciuta in italia (tranne che per il suo brano peggiore, ovvero "una giapponese a roma"),
artista poliedrica con una voce 5 ottave sopra le altre ma completamente áfona (il massimo dell'erotismo), proveniente dalla scena shibuya key (il pop intelligente giapponese) ma che, a quanto pare si adatta ad altri generi.
nonostante fosse una menata x intellettualoidi annoiati, devo dire che il concerto tutto sommato m'è piaciuto, ma non sono la persona più adatta per recensire del jazz sperimentale o della musica avanguardistica.
ovviamente carine non mi ha accompagnato.




note negative:
-biglietto d'ingresso 20euri (non tantissimo, ma x gli stipendi portoghesi è una piccola fortuna)
-l'ambiente del parco è sì molto bello, ma appena si alza un po' di vento, il fruscio degli alberi disturba non poco l'ascolto
-già lo sapevo, ma mi ero scordatodi questa particolare sfiga del posto, la gulbenkian si trova sulla direttrice della pista dell'aeroporto, x cui tutti gli aerei che atterrano a portela, passano lì sopra, con la frequenza di uno ogni 5 minuti, impedendo di sentire la musica. per questo reputo il posto poco adatto a fare dei concerti (se non quando c'è sciopero dei voli) e non andrò a vedere i prossimi, anche se ero molto interessato al
john zorn/fred frith di domenica (con immenso disgusto da parte di fabrizio, immagino)

2 commenti:

ganglio ha detto...

bello! belllo !! bellllo!!!! be!!o!!!!

bravo tat!!

cicciobomba ha detto...

graz!, ma non capisco se dici sul serio o se me piji x er deretano, data la sciattezza della recensione